A rischio di estinzione …
Il 2010 è stato l’anno internazionale della biodiversità, l’anno in cui si doveva festeggiare l’impegno, assunto anni fa, di fermare l’estinzione di molte specie animali e vegetali.
Un appuntamento però che, numeri alla mano, risulta essere più che mancato. La conservazione del nostro pianeta è a rischio a causa della fame di energia e di risorse che noi uomini consumiamo. Mentre la popolazione umana continua a crescere di numero (a fine 2011 siamo arrivati a 7 miliardi!!!), la flora e la fauna non hanno più spazio; molte specie sono in pericolo e molte altre, a causa della perdita dell’habitat (basti pensare alla drammatica catastrofe sul Golfo del Messico dell’estate 2010) e al cambiamento climatico, rischiano l’estinzione. Secondo gli esperti, nei prossimi 25 anni rischiamo di perdere metà degli anfibi e dei primati, e fino ad un terzo di tutte le specie entro la fine del secolo.
Guardando al nostro Paese, tanto bello quanto poco attento a queste problematiche, ci accorgiamo che dentro i confini nazionali vivono oltre 57mila specie animali, più di un terzo dell’intera fauna europea, e 9mila specie di piante, muschi e licheni, la metà delle specie vegetali del continente. Molta di questa ricchezza però si sta perdendo: attualmente (secondo gli attendibili dati del Wwf Italia) sono a rischio di sopravvivenza il 68 per cento dei vertebrati terrestri, il 66 per cento degli uccelli, il 64 per cento dei mammiferi, il 76 per cento degli anfibi e l’88 per cento dei pesci d’acqua dolce. L’anno della biodiversità è stata, dunque, l’occasione giusta per il Belpaese di mettersi finalmente in regola con gli impegni internazionali affinché venisse tutelato questo immenso patrimonio naturale di un valore inestimabile? Ovviamente no.
Anche lo Stambecco, una delle specie simbolo dell’arco alpino, sembra soffrire in modo importante per i cambiamenti climatici in atto: è diminuito infatti di circa il 30 per cento dal 1990 a oggi.
Ma, nel mondo, quali animali stanno rischiando di più? Da uno studio recente (noto con l’acronimo di G.A.D. – Global Amphibian Decline) di un gruppo di ricercatori del Regno Unito, sembrerebbe che siano gli anfibi gli esseri viventi più vulnerabili e che si stanno estinguendo ad un ritmo impressionante (per approfondire l’argomento potete consultare le pubblicazioni risalenti al 2005 degli studiosi inglesi Beebee and Griffiths e un bell’articolo di Claudio Bagnoli all’interno della rivista OASIS n.197/2012). I motivi principali di questo “declino della specie” sono diversi:
– alterazione irreversibile dell’habitat naturale a causa soprattutto delle moderne pratiche agricole (che utilizzano sempre più spesso fertilizzanti, erbicidi e prodotti chimici antiparassitari) e dei cambiamenti climatici;
– infezioni virali e micosi dovute a funghi letali (ad. esempio il Batrachochytrium dendrobatidis). La permeabilità straordinaria della pelle degli anfibi fa sì che questi assorbano facilmente ogni sostanza tossica presente nell’ambiente;
– introduzione di specie alloctone predominanti che causano l’estinzione di quelle autoctone ed endemiche (ad esempio, in Italia è molto diffusa la pratica, per la “indispensabile” tutela della pesca sportiva, di introdurre specie ittiche nelle zone interessate dalla presenza di anfibi: questo, il più delle volte, comporta la predazione diretta e costante delle uova e delle larve da parte dei pesci);
– cattura da parte dell’uomo (non poteva mancare!!) per scopi alimentari, per le collezioni amatoriali, per la ricerca scientifica e per le attività didattiche.
Tornando al nostro discorso più generale e conclusivamente, ognuno deve fare la sua parte e i fotografi naturalistici possono e devono essere ambasciatori di un cambiamento collettivo. Lo scopo delle escursioni e dei viaggi fotografici non deve ovviamente essere quello di inseguire la foto perfetta, di conseguire un risultato prestigioso nell’albo dei migliori fotografi naturalisti, ma di suscitare semplici ed innate emozioni in chi guarda le immagini. Sentimenti che, mi auguro, muovano le coscienze degli osservatori, nella speranza che cresca l’amore e il rispetto verso la natura e, di conseguenza, la tutela e la salvaguardia della stessa. Una cosa, di certo, non va persa. La speranza di poter cambiare le cose perché l’estinzione, purtroppo, è per sempre.
Complimenti per la tua nuova realizzazione, oltre alle splendide immagini.
Leggendo le tue parole rimane l’amara constatazione del disastro ambientale, cui dovremmo davvero tutti ribellarci.
Come fotografo appassionato condivido pienamente le tue considerazioni, che terrò sempre a mente quando mi troverò a scattare nella natura.
Grazie Marco.. Le tue parole mi fanno piacere